Arresto di Toti, l’inchiesta svela legami con la Mafia Siciliana
L’arresto del governatore Giovanni Toti ha scosso il panorama politico, svelando l’infiltrazione di una presunta “cricca” siciliana in Liguria. Gli indagati, tra cui esponenti di spicco di partiti e sindacati, sono al centro di un’inchiesta che rivela legami con Cosa Nostra e ambizioni di potere locale.
Nell’ambito di quest’inchiesta, emerge il coinvolgimento di Venanzio Maurici, pensionato e esponente della Spi Cgil, insieme ai gemelli Italo Maurizio e Arturo Angelo Testa, affiliati a Forza Italia. Il legame con Cosa Nostra si concretizza attraverso il cognato di Maurici, Francesco Cammarata, capomafia detenuto per vari reati.
La famiglia Cammarata, originaria di Riesi, si è stabilita a Genova negli anni Ottanta, infiltrandosi nell’economia legale e tessendo relazioni influenti. L’accusa si concentra su presunti favori ottenuti in cambio di voti per la lista “Cambiamo con Toti presidente”, alimentando così il prestigio della mafia.
Gli indagati si adoperavano per procurare voti e posti di lavoro, organizzando cene elettorali e influenzando decisioni politiche a proprio vantaggio. Maurizio Testa, ad esempio, vantava il suo accesso diretto al presidente, sottolineando il rispetto degli accordi siglati.
Tra i favori richiesti spicca l’assunzione del fidanzato della figlia di Maurici, collegato politicamente a Matteo Cozzani, ex sindaco e collaboratore di Toti. Tuttavia, l’assunzione non si concretizzò, evidenziando la fragilità dei legami e l’instabilità delle promesse politiche.
Le testimonianze di collaboratori di giustizia rivelano un quadro più ampio di estorsioni e condizionamenti, con imprenditori costretti a cedere parte dei proventi ai mafiosi. Maurici, figura chiave, operava nell’ombra nonostante il suo ruolo pubblico di sindacalista.
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