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Cardiochirurgia Taormina: proroga ministeriale, ma sarà l’ultima

Cardiologia Ospedale Taormina

La situazione riguardante il futuro della cardiochirurgia pediatrica di Taormina è ancora una volta al centro del dibattito politico siciliano. Il capogruppo del Movimento 5 Stelle all’Assemblea Regionale Siciliana, Antonio De Luca, ha sollevato dubbi e preoccupazioni sulla recente proroga di un anno concessa dal Ministero della Salute al centro taorminese. De Luca ha sottolineato come, sebbene la proroga sia stata confermata, essa sembra destinata a essere l’ultima, come indicato chiaramente dal direttore generale del Ministero della Salute, Americo Cicchetti.

“Anche questa volta sulla Cardiochirurgia pediatrica di Taormina tocca a me fare chiarezza,” ha dichiarato De Luca, evidenziando l’importanza di fornire informazioni complete e trasparenti sulla questione. “Da una parte, è vera e ci fa piacere la notizia della proroga, ma dall’altra, è altrettanto vero che questa sarà l’ultima,” ha continuato, citando quanto scritto da Cicchetti, che ha descritto la proroga come “12 mesi non rinnovabili e non ulteriormente derogabili.”

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Antonio De Luca

Secondo De Luca, la mancata chiarezza del presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, su questo punto cruciale rischia di creare confusione e incertezza. De Luca ha ipotizzato che Schifani possa sperare in una deroga definitiva che permetterebbe la coesistenza delle cardiochirurgie pediatriche di Palermo e Taormina, ma ha anche espresso dubbi sulla reale volontà del presidente di intraprendere una battaglia in tal senso. “Spero vivamente che Schifani ottenga la deroga definitiva,” ha affermato De Luca, pur rimanendo scettico sulle reali intenzioni del presidente.

Il capogruppo M5S ha inoltre espresso preoccupazione per il futuro della cardiochirurgia pediatrica di Taormina, sottolineando che un’eventuale chiusura rappresenterebbe un grave danno per i bambini che necessitano di cure altamente specializzate. De Luca ha infine criticato l’atteggiamento di Schifani, definendolo “troppo supino” nei confronti del potere centrale di Roma, e ha suggerito che il presidente possa aver scelto di rimandare il momento della verità, temendo le inevitabili proteste che ne seguirebbero.

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