Cronaca

Indagati per stupro a Palermo, il Pagliarelli chiede l’allontanamento

Carcere Pagliarelli Palermo

Minacce e rischio per detenuti coinvolti: il Pagliarelli chiede l’allontanamento urgente.

Alcuni soggetti coinvolti nell’orrendo caso di stupro di gruppo avvenuto al Foro Italico hanno denunciato di essere oggetto di minacce da parte di altri detenuti durante la loro permanenza in carcere. Le affermazioni provengono dai legali della difesa e sono state ulteriormente confermate da fonti interne alla struttura penitenziaria.

CanaleSicilia

La presenza di Angelo Flores, Elio Arnao, Christian Maronia, Samuele La Grassa, Gabriele Di Trapani e Cristian Barone tra le mura del carcere Pagliarelli di Palermo (nella foto) ha destato forte opposizione tra gli altri detenuti, tanto che la direzione del carcere ha avanzato una richiesta immediata di “allontanamento per motivi di sicurezza” per tutti e sei i maggiorenni detenuti.

La necessità di garantire la sicurezza dei detenuti coinvolti nel caso di violenza sessuale è diventata una priorità pressante all’interno della struttura carceraria. Le voci che circolano affermano che la loro presenza sia oggetto di rifiuto da parte della popolazione carceraria, incluso chi è recluso nelle sezioni protette. Tuttavia, l’applicazione di un divieto di interazione si dimostra difficile, data la numerosità dei detenuti coinvolti e la limitata disponibilità di spazi separati.

Un rapporto ufficiale della polizia penitenziaria ha delineato chiaramente i rischi associati alla situazione all’interno del carcere, in particolare riguardo alla sicurezza e all’ordine. Di conseguenza, la direzione ha presentato con urgenza la richiesta di allontanamento, spiegando che la permanenza dei detenuti potrebbe innescare “azioni destabilizzanti per l’ordine e la sicurezza”. La richiesta è stata inoltrata al provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria e alla Procura della Repubblica.

I difensori legali prevedono di recarsi al carcere per indagare ulteriormente sulle affermazioni fatte dai loro assistiti e sulle condizioni in cui si trovano. Vale la pena ricordare che gli stessi legali avevano denunciato la comparsa di profili social falsi a nome dei detenuti coinvolti, causando un’onda di reazioni contrastanti, compresi messaggi di odio e sporadici atti di solidarietà.

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