Maxi operazione antimafia a Palermo, 183 provvedimenti restrittivi
Nelle prime ore della notte, i Carabinieri del Comando Provinciale di Palermo hanno eseguito una vasta operazione antimafia su mandato del G.I.P. del Tribunale di Palermo e della Direzione Distrettuale Antimafia. Sono stati arrestati 163 individui, di cui 33 già detenuti, con accuse che spaziano dall’associazione mafiosa alle estorsioni, al traffico di stupefacenti e al gioco d’azzardo illegale.
L’inchiesta, condotta tra il 2023 e il 2025 dal Nucleo Investigativo di Palermo, ha colpito diversi mandamenti, tra cui “Porta Nuova”, “Pagliarelli”, “Tommaso Natale – San Lorenzo” e “Bagheria”. Parallelamente, un’ordinanza cautelare ha riguardato altri 20 soggetti legati al mandamento di “Santa Maria del Gesù”. L’operazione ha coinvolto 1.200 Carabinieri, supportati da unità specializzate e mezzi aerei, con l’impiego di cinofili antidroga e antisabotaggio.
L’indagine ha rivelato la capacità della mafia di adattarsi all’evoluzione tecnologica, sfruttando smartphone criptati per comunicazioni sicure e riducendo al minimo gli incontri diretti. Questa strategia ha permesso a un latitante del mandamento di Porta Nuova di mantenere il controllo sulle attività criminali per due anni prima del suo arresto nel marzo 2024.
Gli investigatori hanno inoltre documentato come minuscoli telefoni e SIM card venissero introdotti nelle carceri per consentire ai detenuti di continuare le attività mafiose anche dietro le sbarre. L’organizzazione ha mantenuto il controllo del territorio attraverso estorsioni, imposizioni commerciali e intimidazioni, rafforzando alleanze con la ‘ndrangheta calabrese e le cosche agrigentine e catanesi.
Il traffico di droga si conferma un’attività redditizia, con sequestri che comprendono 43 kg di cocaina e 8,5 kg di hashish. I mandamenti cittadini gestiscono la distribuzione di stupefacenti, imponendo tasse sui punti di spaccio e coordinandosi per l’approvvigionamento.
Parallelamente, il settore delle scommesse illegali rappresenta una fonte significativa di finanziamento per “Cosa Nostra”, con imprenditori che siglano accordi con i vertici mafiosi per ottenere protezione e dominio sul mercato.
Le estorsioni rimangono una pratica diffusa: commercianti e imprenditori sono costretti a pagare il “pizzo” o ad acquistare prodotti imposti dall’organizzazione. A Mondello e Sferracavallo, i ristoratori subivano pressioni per rifornirsi esclusivamente da fornitori mafiosi.
Le indagini hanno infine evidenziato il persistente reclutamento di giovani, avviati alle attività criminali attraverso una formazione che include “lezioni di mafia”. La struttura verticistica dell’organizzazione garantisce continuità nel tempo, con figure di riferimento che gestiscono la cassa comune per finanziare le famiglie dei detenuti e mantenere il controllo del territorio.
Tra gli elementi più preoccupanti emersi vi è la disponibilità di armi, con sequestri che includono pistole, fucili e munizioni. In più occasioni, i clan hanno fatto ricorso alla violenza per risolvere dispute interne o imporre la propria autorità.
L’inchiesta ha inoltre smascherato l’esistenza di informatori all’interno degli ambienti giudiziari. Un dipendente della Procura di Palermo è stato arrestato per aver rivelato informazioni riservate, mentre altre fonti segrete avrebbero avvisato gli affiliati di imminenti operazioni di polizia.
Grazie a questa operazione, si è inferto un duro colpo alle attività criminali di “Cosa Nostra”, sebbene l’inchiesta abbia confermato la capacità dell’organizzazione di evolversi e mantenere il proprio potere nel tempo.
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