Maxiprocesso Nebrodi, Antoci: “Mi hanno tolto tutto ma non la dignità”
Il Maxiprocesso Nebrodi, che ha visto confermate 65 condanne e numerose confische, ha mantenuto saldo l’impianto accusatorio costruito dalla magistratura e dalle forze dell’ordine. Questa importante sentenza arriva a seguito dell’operazione “Nebrodi” del 15 gennaio 2020, durante la quale furono effettuati 94 arresti e sequestrate 151 aziende agricole coinvolte in attività mafiose. L’operazione ha rappresentato una delle più grandi azioni antimafia mai condotte in Sicilia e ha colpito in particolare il settore dei fondi europei destinati all’agricoltura.
Quel giorno, oltre mille uomini della Guardia di Finanza di Messina e dei Carabinieri del ROS parteciparono all’operazione, portando alla luce un complesso sistema di frodi legate all’uso illecito di fondi pubblici da parte delle organizzazioni mafiose. Questo sistema è stato smantellato grazie al cosiddetto “Protocollo Antoci”, ideato da Giuseppe Antoci, ex Presidente del Parco dei Nebrodi. L’iniziativa della Direzione Distrettuale Antimafia di Messina, sotto la guida del Procuratore Maurizio De Lucia, ha contribuito a rompere un silenzio che per anni aveva permesso alla mafia di operare indisturbata.
Secondo quanto emerso dalle indagini, molte delle terre utilizzate per ottenere i fondi erano in realtà “libere” e venivano illegalmente dichiarate come proprie dalle associazioni mafiose per truffare l’Unione Europea. “La mafia ha scoperto che i soldi pubblici costituiscono l’odierno tesoro, e i rischi sono diminuiti, pur se i metodi restano criminali”, si legge nell’ordinanza. Il Protocollo Antoci, recepito nel Nuovo Codice Antimafia votato in Parlamento nel 2015, ha permesso di contrastare queste truffe.
Giuseppe Antoci, oggi Europarlamentare del M5S, ha rischiato la vita in un attentato mafioso dal quale è uscito indenne grazie all’auto blindata e all’intervento della sua scorta. Nel contesto delle truffe milionarie emerse dall’indagine, il giudice ha riconosciuto il significato probatorio dell’attentato contro Antoci, “in contrasto con interessi milionari della mafia”.
Antoci ha dichiarato: “Abbiamo colpito con un’azione senza precedenti la mafia dei terreni, ricca, potente e violenta, ed è per questo che quella notte volevano fermarmi”. Ha inoltre sottolineato come le recenti condanne rappresentino “la conferma del buon lavoro svolto da Magistratura e Forze dell’Ordine”. Nonostante le difficoltà personali e la vita sotto scorta, Antoci si impegna a continuare il suo lavoro per migliorare le norme antimafia in Europa.
“Mi hanno tolto tutto, libertà, serenità, mi hanno costretto ad una vita complicata costringendo la mia famiglia a vivere in una casa blindata e presidiata dall’Esercito. Due cose però non sono riusciti a togliermi: la vita e la dignità e grazie a quest’ultima che proprio con dignità e onore porterò avanti il mio mandato in Parlamento Europeo difendendo e migliorando le norme antimafia per le quali valorosi servitori delle Stato hanno perso la vita – conclude Antoci.
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